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La partenza

  

E' passato molto tempo e sono successe tante cose.
Più ancora di quante speravo.

Non aggiorno questo diario dal 23 settembre dello scorso anno
e quindi il mio racconto dovrà ripartire da allora.
Alla cronaca delle ultime settimane si sostituisce la narrazione degli ultimi mesi.
Nei termini dell'analisi musicale questa sinfonia telematica
si avvia a presentare il suo secondo movimento.

Il dunque è che non è stato facile spiegare a Silvana perché me ne stavo andando.
Non credeva che io possa sentire nostalgia di luoghi che non ho mai visto,
di gente che non ho mai incontrato, come le avevo detto citando qualcuno,
e quindi anche lei è arrivata alla conclusione facile e lapidaria
che la mia forte inclinazione a riflettere sulla realtà allontanandomene
dimostra quanto il mio problema con il reale sia insolubile, forse di origine morbosa,
e condanna irrevocabilmente il mio futuro
ad essere quello di un vecchio vagabondo eccentrico e dimenticato.

Quando infine ha capito che non potevo rinunciare a questo viaggio, mi ha regalato la sua vecchia auto,
una fiat Punto brutalizzata dalle molte migliaia di chilometri
percorsi nella più completa assenza del più necessario intervento di manutenzione minima.
"Usala finche va avanti poi buttala via, ormai non ne può più".
Due giorni prima che me ne andassi ci siamo abbracciati, e non mi ha più voluto vedere.

Sono partito alle sei di mattina,
con uno zaino per i vestiti e una valigia per libri, quaderni e computer.
Era un martedì e la prima sosta, dopo Susa, è stata sul passo del Moncenisio.
Volevo bere un caffè, mangiare un panino e guardarmi intorno.
E' stato allora che ho visto la busta sotto il sedile del passeggero,
doveva essere caduta quando sono entrato in auto
perché l'intenzione di Silvana era sicuramente quella
di farmela trovare prima che mettessi in moto.
La busta conteneva una specie di pergamena dove quella creatura benedetta
aveva copiato un koan, per me, una breve poesia zen cinese.


Era il suo modo per chiedermi di rimanere.
Su quel colle le ho ancora voluto indirizzare
i miei ringraziamenti commossi, le mie scuse sincere.
Eppure mi vuole bene proprio perchè sono così,
ma questo è davvero troppo complicato.

Mentre mangiavo un panino seduto su una pietra, in mezzo a un prato,
ho riletto tante volte quei versi.
Il luogo dove mi trovavo, con quel tempo si era travestito da monte LU
e questo mi ha fatto sorridere, così ho scattato una fotografia (sopra) con il cellulare.

Poi sono ripartito.
Pochi chilometri dopo aver superato il confine,
ascoltando Debussy mi chiedevo se è vero, come ho sentito dire,
che i Francesi credono che Dio sia francese.
Mi era tornato il buonumore,
e quello sarebbe stato il colore di tutta la giornata.

Avevo deciso di evitare autostrade e superstrade,
il navigatore mi ha guidato attraverso paesini e stradine di campagna
per 813 kilometri dritto verso Combray.
Ho visto molto di quello che volevo vedere.
E quello che non ho visto ora so dov'è.
Ero felice ed è stato un viaggio fantastico.

Mi sono fermato alle dieci di sera in questa locanda,
dove avevo prenotato una camera.
Dista circa dieci chilometri da Combray, ero arrivato.
Scaricati i bagagli ho mangiato qualcosa
e finalmente mi sono seduto fuori a guardare quelle colline, quel cielo.
Ecco uno dei momenti più alti della mia vita, pensavo,
come sul Gran Canyon con mia moglie
come a Varanasi con mio figlio.

Questo è stato il terzo,
davanti alla campagna di Combray
mentre ne respiro l'aria accanto a una buona bottiglia di vino bianco.
Sarà l'ultimo.

Per arrivarci ho dovuto rinunciare
al comodo anestetico della consuetudine e della sicurezza,
ho dovuto tagliarmi tutti i ponti alle spalle, l'amore, gli amici,
abbandonare qualsiasi forma di riparo economico.

Ed eccomi qui, nel centro delle mie nostalgie importate,
nel mio ultimo grande viaggio, che si è imposto come necessità di approfondimento e verifica.
Deve essere strano e affascinante vedere i luoghi che conosco solo nell'immaginazione
e poi sono sicuro che a Combray succederà qualcosa di molto importante per me.

Intanto vorrei scoprire dove Adrian prese alloggio quando Proust ritornò a Parigi.
La nonna non lo raggiunse mai perchè quando stava per partire le morì prima la madre e un anno dopo il padre.
Per quanto tempo Adrian rimase a Combray, e a quale scopo?

Voglio scoprire perchè i più grandi capolavori di Leverkühn sono nati proprio qui,
lungo i sentieri e i percorsi proustiani.
Voglio scoprire dove si trova la magia e l'incanto che animavano tanto questi luoghi
da ispirare la lunga serie di gioielli musicali di Adrian
e uno dei capolavori letterari più celebrati nella storia della letteratura mondiale.
Deve esserci qualcosa qui intorno, e io voglio trovarlo.

Studio 57B - Partenza
  
spartito in pdf video in mp4

Ho scritto questo studio prima di partire.
La prima parte è un esercizio che studia la possibilità
di alternare al primo periodo binario un secondo periodo ternario.
Tentativo che considero fallito, come ascoltatore. Ma utile.

Per fortuna quando inizia la sezione B, a battuta diciassette (38 secondi),
la temperatura musicale cresce improvvisamente con una frase malinconica,
un po' ambigua, e che soddisfa il mio senso musicale
Questo periodo che si ripete una volta
introduce qualcosa che ha la forza e il segreto per trasformare
un esercizio di armonia e forma, in musica.

E' quel qualcosa che sto cercando.
E' per questo che mi trovo qui, a Combray.



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