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Alle fonti della Vivonne - Studio n° 63 |
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La mattina del giorno dopo prometteva una bella giornata; c'era il sole ma non faceva caldo e le poche nuvole bianche erano molto lontane. Annie mi telefonò alle undici per dirmi che sarebbe passata lei a prendermi, prima di pranzo e non io, come avevamo stabilito il giorno prima. Mi disse ridendo che dopo averci ripensato si era convinta che la mia auto non ce l'avrebbe mai fatta fino alla sorgente. Lasciai correre e tornai allo studio di questa pagina (n° 63). Avevo bisogno di concentrarmi, quella donna mi procurava leggere scosse di agitazione. Forse ne ero attratto. Annie arrivò dopo circa un'ora in abito da campagna, gonna a fiori, scarpe basse e una splendida camicetta molto scollata che aggiungeva un po' di pepe alla giornata. |
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Dopo avere posteggiato l'auto davanti alla chiesetta che introduce alla fonte abbiamo fatto una breve passeggiata per scoprire quanto quei luoghi incantati potevano offrire. Così quel giorno ho conosciuto Annie, quando ha voluto raccontarmi la sua storia senza veli, senza pudori, reticenze, omissioni, accordandomi una fiducia che non pensavo di meritare e lo penso ancora, mentre sto per pubblicare la sinossi di una vita che lei mi ha confidato in un momento molto intimo perché sicura della mia discrezione. E' a Lei che dedico lo studio n° 64 che accompagna queste pagine. |
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Al suo arrivo fu accolta con grande calore e benevolenza dagli abitanti del paese. I motivi di quell'accoglienza così calorosa potevano essere noti solo a chi ricordava ancora cosa era successo molti anni prima, quando era arrivata la prima sorella , che dopo essersi sposata con un giovanotto del luogo si era trasferita a Combray con l'idea di rimanerci per sempre. Jeanne, cosi si chiamava la sorella di Annie, dal suo arrivo venne trattata con sospetto, come una straniera. L'idea inespressa ma generale era che quella donna fosse venuta a rubarsi un buon partito, che spettava invece di diritto alla vasta comunità di cui lui faceva parte. Jeanne era smarrita, non si sarebbe mai aspettata di essere accolta im modo tanto ostile. |
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Jeanne ricordava bene quelle storie e decise di reagire all' ostilità mai dichiarata ma innegabile che covava in tutto il paese, mettendosi alla ricerca di qualsiasi documento ufficiale utile a dimostrare che le sue origini risalivano a Combray. Avrebbe umiliato con i loro stessi argomenti la banda di maligni che dal suo arrivo la additavano come cacciatrice di mariti benestanti, profittatrice e intrusa. Gli stessi che in seguito Annie considerò come gli elementi patogeni che avviarono il processo verso la deriva mentale della sorella. Jeanne si mise a frugare tutti i vecchi archivi del comune e della chiesa e un caso fortunatissimo la portò a trovare documenti che dimostravano addirittura alti gradi di parentela tra la sua famiglia e quella di Françoise, la governante di casa Proust. Quelli erano tempi d'oro per Combray. Fu allora che Annie, ancora molto giovane e piena di illusioni, decise di fare la sua mossa, quella di monetizzare sfacciatamente il grado di parentela con la sua antenata illustre. Per il nome del ristorante Annie decise di puntare su uno stile descrittivo, "Qui lo stufato di Françoise" e all'inaugurazione erano presenti tutti i notabili del paese che benedicevano quella sana iniziativa imprenditoriale perché ampliava l'offerta di un'economia che si consacrava al ricordo del suo più illustre villeggiante. L'inaugurazione fu comunque un grande successo e a questa seguirono alcune settimane di buoni affari, la gente era curiosa e il ristorante era sempre pieno di paesani e pellegrini. Il disastro commerciale fu digerito da Annie con la facile spiegazione che la stragrande maggioranza dei pellegrini e più in generale dei devoti proustiani è statisticamente vegetariana e quindi aprire un ristorante per quella platea e offrire un menù interamente strutturato su carne vaccina cucinata in poche varianti, non poteva che essere un suicidio imprenditoriale. Questo Annie me lo disse sorridendo, con ironia per poi aggiungere che lei comunque si sentiva tranquilla perché l'unicità delle circostanze e la conseguente impossibilità di formulare previsioni attendibili la scaricavano di qualsiasi colpa manageriale. Continuava a sorridere e mi fu chiaro che a lei del "Qui lo stufato di Françoise" e di tutta la sua avventura imprenditoriale non era mai fregato niente. Annie voleva dipingere. |
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Quando era piccola, girava per casa un grosso volume sui pittori francesi che lei sfogliava spesso, attratta soprattutto dalle atmosfere che Monet sapeva fissare sulla tela. Così dopo il fallimento del ristorante tornò alle sue tele, mentre in paese la sua reputazione crollava rovinosamente. Solo questo poteva far crollare Annie che iniziò a sentirsi vecchia, abbandonata, rifiutata da tutti, sola. (A questo punto della storia ricordo di essermi stupito davvero per sua franchezza e per risultare così meritevole della sua fiducia. Ero affascinato dalla naturalezza con cui mi confidava di punto in bianco le sue vicende più intime. Io ci avrei messo un anno, pensai un po' invidioso). Il giovane nipote visse in quella casa per alcuni mesi e dopo aver devastato buona parte dell'abitazione a causa della sua incuria malsana e per l'abitudine di trasformare quel luogo in un bivacco di gente poco raccomandabile del posto, partì per Chartres senza salutare nessuno e rendendosi da subito irreperibile per tutti. Annie non solo apprezzava le carni di quel giovane uomo ma gli era davvero affezionata: lo aveva in buona parte cresciuto lei perché la sorella era troppo invalida per potersene occupare. La disperazione e la solitudine la portarono ad avvicinarsi a Andrée e Albertine, anche loro in qualche modo reiette e condannate per il loro amore, al biasimo e all'isolamento. Dal momento in cui si presentò in negozio, Andrée e Albertine capirono che Annie aveva bisogno d'aiuto. La accolsero subito in modo caloroso e alla fine furono proprio loro a salvarla da uno stato di depressione permanente e dagli esiti incerti. -Finché non sei arrivato tu. |
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Terminò la sua storia con questa frase che mi coinvolgeva in modo implicito ma allarmante. Io non desideravo essere coinvolto; avevo mille altri diavoli per la testa e non avevo nessuna intenzione di impegnarmi in una relazione sentimentale.
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