| Il giorno dopo  ricordo di essermi svegliato molto tardi.
 Nonostante la bocca impastata dal vino scadente della sera prima e un forte mal di testa
 decisi di uscire subito per pranzare alla trattoria del ponticello,
 in attesa che le mie nuove amiche aprissero il loro negozio di souvenir.
 - uno dei luoghi più tipici della regione,
 aveva voluto precisare Albertine prima che ci lasciassimo, la sera prima.
 - Di sicuro interesse per chi voglia cogliere la realtà onirica e surreale
 nella quale è immerso questo paese e le vite di chi lo abita- aveva aggiunto Andrée con grande enfasi.
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    | Così nel pomeriggio, alla luce di quelle premesse, entrai in quella bottega da Herry Potter,con la circospezione e il rispetto di un ateo che entra in  chiesa.
 
 Andrée e Albertine mi aspettavano e la loro accoglienza fu cordiale e affettuosa.
 Mi mostrarono subito e con grande orgoglio  tutte le merci del loro negozio
 che in realtà visto dall'interno sembrava   il magazzino di un rigattiere disordinato,
 più che  uno spazio commerciale, perché in tre grandi locali c'era ammassato di tutto,
 pile su pile di vecchie riviste e giornali,
 quadri, bottiglie colorate, scarpe, libri, mobili, cartoline, fotografie.
 Alla fine di quella perlustrazione la mia espressione non poteva essere che perplessa, interrogativa,
 e l'interrogativo,  che mi chiedevo come formulare senza offendere le mie giovani amiche
 era cosa potesse legare, oltre alla polvere, una quantità di oggetti così eterogenei e scompagnati.
 Fu Andrée a rispondere a quella domanda inespressa ma prevedibile:
 - ti ricordo che  siamo a Combray, dove la gente    viene per ritrovare le suggestioni  della Recherche
 e da noi trova molti degli oggetti che hanno dato vita a qualche episodio importante di quell'Opera,
 le scarpette rosse di
        Oriane Guermantes,
 i Luigi di cartapesta che Odette spargeva  sopra i caminetti,
 la carta da lettere di Albertine con il suo motto "per viam rectam",
 i biglietti da visita dei personaggi più importanti della Recherche e quelli dei loro modelli,
 i libri, vendiamo tutte le settimane decine di copie di Françoise le Champi,
 le memorie di madame de Sévignée e di Madame de Beausergent,
 la storia di Combray del curato Criquetot
 ci sono tutti gli spartiti di Hann, la sonata  per pianoforte e violino di Saint-Saëns
 che per motivi commerciali abbiamo sottotitolato
        la sonata di Vinteuil.
 E poi ci sono i quadri, 
        il ritratto di Elstir a Odette nelle vesti di Miss Sacripant,
 varie riproduzioni della Sefora 
        di Botticelli, grazie alla quale Swann si innamorò di Odette,
 numerose stampe in tutti i formati della "Colazione dei canottieri" che nell'opera di Proust
 viene attribuito a Elstir anche se in reltà è di Renoir.
 Le abbiamo sottotitolate tutte "i canottieri di Elstir".
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    | Mentre la ascoltavo presi in mano da uno scaffale sbilenco e polveroso una di quelle bottiglie colorate che avevano  catturato la mia attenzione da quando ero entrato - Quella bottiglia è di Yquem. Ne teniamo sempre qualche cassa
 perché è dato per certo che quel vino venisse 
        servito nei pranzi di gala dei Verdurin.
 L'altra è un liquore molto forte che abbiamo chiamato "Spirito dei Guermantes".
 Lo facciamo fare noi, qui a Combray, ed è un articolo tra i più venduti
 perché la gente non sa mai cosa portare a casa, come souvenir.
 
 La riflessione più ingenua e sincera che mi permisi di fare fu che  quel commercio
 viveva sostanzialmente di merci taroccate, di piccole truffe e patetiche menzogne.
 Andrée mi rispose con pazienza pedagogica che la gente non era così stupida
 da  credere che in quel negozio si potessero trovare  le autentiche scarpine rosse di Odette,
 dal 36 al 40 e in diversi modelli.
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        Tutti capiscono che pochi degli oggetti esposti in questa bottega
 risalgono davvero a quegli anni e accettano di buon grado l'idea che noi vendiamo i loro sogni,
 perché sanno che  quelli  sono al sicuro e non si potranno mai taroccare.
 Per questo passano da qui dopo il pellegrinaggio alla casa museo,
 perchè sperano di poter trovare qualcosa di più curioso delle madelaines di antica ricetta
 esposte in tutte le vetrine del paese, qualcosa che puoi portare a casa e conservare,
 un segnalibro della memoria capace di restituirti il sapore di una visita
 in un mondo immaginario.
 Mi venne da sorridere pensando all'alto grado di astrazione c raggiungevano le sue parolein confronto al mio modo di ragionare ed esporre, che alcuni valutano già troppo fantasioso.
 Mentre Albertine si occupava dei clienti che entravano in continuazione
 io e Andrée ci sedemmo intorno a un tavolino del retro per berci un bicchiere di quel Yquem
 tanto apprezzato nel salotto Verdurin. Ne approfittai per chiedere quale era il loro vero nome
 visto che era davvero improbabile che si chiamassero proprio come le fanciulle in fiore
 e Andree mi rispose che no, non era affatto improbabile che si chiamassero davvero così
 perchè le famiglie storiche di quel paese onorano ancora la tradizione di chiamare i figli 
        con nomi
 dei personaggi  ritratti da Proust.
 A scuola frequentava una classe popolata da Adolphe, Charles, Francoise, Oriane, Lèonie, Odette
 quindi avrebbe potuto tranquillamente chiamarsi Andrée.
 Ma invece no, il nome con cui adesso tutti le conoscevano, Andrée e Albertine,
 è un soprannome che risale ai tempi in cui erano ancora bambine, perché stavano sempre insieme
 e qualcuno aveva iniziato a parlare di una amicizia malata.
 Quando poi in paese  si misero tutti a spettegolare sul il loro rapporto  immorale e vizioso
 le due amanti decisero di tenersi per sempre quei soprannomi e rispondere solo a quelli
 per sfidare tutti i benpensanti di merda e dicharare che loro se ne fottevano della loro morale.
 Queste furono le parole con cui la fanciulla in fiore mi descrisse con grande schiettezza
 il clima che si respirava in quel remoto paesino di campagna.
 
 Andrée non era bella come Albertine ma era molto  affascinante, come tutte le persone sicure di sé.
 Come ho già detto, sono rimasto catturato dal suo modo di parlare e ho subito iniziato a studiarlo con passione, spinto dall'idea di poterlo trasferire in frasi e periodi musicali che ne riproducessero la logica e la costruzione.
 Il suo stile verbale  è stato per me importante perché mi ha suggerito la struttura di alcuni brani
 di una  raccolta musicale che ho voluto chiamare "
    I discorsi di Andrée",
 raccolta di cui questa pagina pubblica il secondo studio.
 L'urgenza di comunicare della mia nuova amica, trovava la sua espressione
 in un flusso di coscienza ininterrotto che incantava l'ascoltatore ma non lo coinvolgeva, non gli dava spazio, perché in quella tempesta di parole non erano comprese solo le domande rivolte occasionalmente all'interlocutore ma anche le sue risposte, che Andrée  anticipava con buona approssimazione per poi riallacciale ad argomenti completamente  diversi e nuovi
 che facevano perdere il filo da cui si era partiti.
 
 Il nuovo oggetto poteva poi causarle disperazione o entusiasmo sinceri prima di venire sostituito
 da un argomento del tutto dissimile e scollegato da tutto quello che lo precedeva.
 Sorprendente, come ho già detto. Non potevo che rimanerne  incantato.
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    | Trovai infine il modo di chiederle se questo commercio bastava a loro due per vivere.Andree mi rispose che assolutamente no, lei faceva anche un'altro lavoro,
 era una psicologa, o più precisamente una psicoanalista,  di stretta osservanza freudiana.
 Aveva alcuni pazienti a Combray, ma la maggior parte venivano da Chartres dove era molto considerata.
 E anche Albertine fino a qualche mese prima lavorava ogni mattina alla casa museo di Proust.
 Ma era stata licenziata e adesso si occupava a tempo pieno del negozio.
 
 Entrando su un'altra sua breve pausa cercai di spostare il discorso su quel Charles
 riproponendo le stesse domande a cui avava già risposto la sera prima, forse nella speranza di avere avere una risposta diversa.
 Chi era realmente quell'uomo e perché avrebbe dovuto avere informazioni su mio nonno?
 In realtà da quando me ne avevano parlato mi frullava per la testa che il grande uomo che era propizio vedere
 potesse essere proprio lui. Osservai  Andrée, che non sapendo niente della mia domanda all'Oracolo
 stava  iniziando con tutta probabilità a valutare questo mio interesse con l'ottica stroboscopica
 della sua formazione psicanalitica. Ne fui certo quando la vidi rimanere in silenzio per alcuni istanti,
 non era da lei e mi venne da pensare che questa mia insistenza avrebbe potuto portarla alle stesse conclusioni di Linda e cioè che per i nevrotici (come mia moglie amava considerarmi benevolmente) non è la realtà oggettiva
 quella che conta, ma quella psichica, da cui derivavano senza dubbio tutte le mie invenzioni e le mie fantasie.
 Fortunatamete quel giorno Andrée non volle lanciarsi in diagnosi affrettate,
 mi conosceva ancora troppo superficialmente e quindi preferì rispondere con rassicurazioni incoraggianti:
 -Tranquillo, va tutto bene, abbiamo mandato a cercare Charles e vedrai che tra qualche giorno lo potrai incontrare e chiedergli quel che ti pare.
 Ricordo che quel "va tutto bene" mi sembrò più di scuola junghiana che freudiana.
 Ma soprattutto non aiutava a chiariva  il suo pensiero mentre sembrava fraintendere il mio.
 
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